Coltivare le pere
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
Per piantare i peri il momento migliore è probabilmente l’inizio della primavera. Si sceglie una posizione soleggiata, con un terreno ricco e profondo, anche argilloso. Il drenaggio deve essere abbastanza buono. È importante lasciare un po’ di spazio tra una pianta e l’altra (circa 4 o 5 metri) in modo da lasciare tutto l’agio necessario alle piante per poter crescere.
Coltivare il pero
Il pero è una pianta rustica, quindi il freddo in linea di massima non è un problema, salvo per quanto riguarda le gelate primaverili: se il gelo sorprende le gemme sui rami, infatti, potrebbe causare danni. Il pero teme anche la siccità: soprattutto nei primi anni d’età, è importante irrigare molto.
Come concimazione, si può ricorrere al letame un paio di volte all’anno (in primavera e dopo la raccolta).
Potare il pero
Per quanto riguarda la potatura, molto dipende dalla varietà scelta e dalla forma che le si vuole dare. Conviene quindi chiedere informazioni al vivaio quando si compra l’alberello, per avere la sicurezza di agire nel modo migliore.
Raccogliere le pere
Quando le pere hanno raggiunto la grandezza di una noce, bisogna valutare se procedere al diradamento: se ogni ramo non porta a maturazione più di due o tre pere i frutti saranno migliori.
La raccolta delle pere va effettuata un po’ prima che i frutti arrivino a maturazione, almeno per quanto riguarda le varietà europee. Nel raccogliere le pere, bisogna fare attenzione a non spezzare il peduncolo: il modo migliore è capovolgerlo dopo avervi appoggiato l’indice.
rigogliosi saluti!
Oggi vorrei parlarvi della coltivazione delle pere: chi di voi ha un pero in giardino sa infatti che siamo nel periodo della raccolta delle pere. E chi non ce l’ha? Può sempre programmare di piantarne uno!
Piantare il peroPer piantare i peri il momento migliore è probabilmente l’inizio della primavera. Si sceglie una posizione soleggiata, con un terreno ricco e profondo, anche argilloso. Il drenaggio deve essere abbastanza buono. È importante lasciare un po’ di spazio tra una pianta e l’altra (circa 4 o 5 metri) in modo da lasciare tutto l’agio necessario alle piante per poter crescere.
Coltivare il pero
Il pero è una pianta rustica, quindi il freddo in linea di massima non è un problema, salvo per quanto riguarda le gelate primaverili: se il gelo sorprende le gemme sui rami, infatti, potrebbe causare danni. Il pero teme anche la siccità: soprattutto nei primi anni d’età, è importante irrigare molto.
Come concimazione, si può ricorrere al letame un paio di volte all’anno (in primavera e dopo la raccolta).
Potare il pero
Per quanto riguarda la potatura, molto dipende dalla varietà scelta e dalla forma che le si vuole dare. Conviene quindi chiedere informazioni al vivaio quando si compra l’alberello, per avere la sicurezza di agire nel modo migliore.
Raccogliere le pere
Quando le pere hanno raggiunto la grandezza di una noce, bisogna valutare se procedere al diradamento: se ogni ramo non porta a maturazione più di due o tre pere i frutti saranno migliori.
La raccolta delle pere va effettuata un po’ prima che i frutti arrivino a maturazione, almeno per quanto riguarda le varietà europee. Nel raccogliere le pere, bisogna fare attenzione a non spezzare il peduncolo: il modo migliore è capovolgerlo dopo avervi appoggiato l’indice.
Coltivare i peperoncini
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
In generale, comunque, il peperoncino va innaffiato molto, spruzzando anche le foglie durante la fioritura; bisogna però fare attenzione ai ristagni idrici, che la pianta soffre molto. Il terreno dove li pianteremo deve quindi essere ben drenato, oltre che ricco di sostanza organica.
La semina va fatta al caldo intorno al mese di marzo; se avete fatto così, come ho fatto io, ormai dovrebbero essere pronti per il trapianto. Sistemateli su file distanti 60-70 centimetri tra loro, e mettete a dimora le piante a 40-50 centimetri l’una dall’altra. La raccolta sarà in estate.
Per concludere, cedo la parola a Clematidia, che vi darà al volo una ricetta per i peperoncini verdi sottaceto. Le riescono talmente bene che sarebbe un delitto non stare ad ascoltarla!
rigogliosi saluti!
Oggi vorrei parlarvi della coltivazione dei peperoncini, una pianta che si può facilmente tenere sia in piena terra che in vaso. Se li avete seminati a marzo, adesso è il momento di metterli a dimora!
Esistono moltissime varietà di peperoncino: il primo passo sarà quindi scegliere la pianta più adatta alle nostre esigenze. Se amate i sapori piccanti, potreste voler coltivare il peperoncino Habanero, altrimenti potrete scegliere tra molte altre varietà, ciascuna con il suo grado di piccantezza, che viene misurato in Unità Scoville. C’è però un trucco che permette di rendere un pochino più piccante qualsiasi varietà abbiate scelto: basta innaffiarla un pochino meno, soprattutto nei giorni appena precedenti alla raccolta (stando attenti a non far soffrire la pianta, naturalmente).In generale, comunque, il peperoncino va innaffiato molto, spruzzando anche le foglie durante la fioritura; bisogna però fare attenzione ai ristagni idrici, che la pianta soffre molto. Il terreno dove li pianteremo deve quindi essere ben drenato, oltre che ricco di sostanza organica.
La semina va fatta al caldo intorno al mese di marzo; se avete fatto così, come ho fatto io, ormai dovrebbero essere pronti per il trapianto. Sistemateli su file distanti 60-70 centimetri tra loro, e mettete a dimora le piante a 40-50 centimetri l’una dall’altra. La raccolta sarà in estate.
Per concludere, cedo la parola a Clematidia, che vi darà al volo una ricetta per i peperoncini verdi sottaceto. Le riescono talmente bene che sarebbe un delitto non stare ad ascoltarla!
Piantare il sedano
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
Avete visto in giro Rosa Canina? Dovrebbe avere un colapasta in testa e un rastrello in mano… stamattina mi ha sentito parlare della coltivazione in trincea del sedano e temo che si sia fatta un’idea tutta sua della procedura da seguire.
Adesso è appunto il momento di mettere a dimora le piantine, magari con l’aiuto di un trapiantatoio. In ogni trincea sistemerò due file di piantine appaiate, con una distanza di 25-30 centimetri tra una piantina e l’altra, e poi innaffierò abbondantemente.
Da questo momento in poi, dovrò ricordarmi di bagnare quando il tempo è secco, e quest’estate svolgerò le operazioni necessarie per l’imbiancamento del sedano. Sono contento che Rosa Canina non sia qui, altrimenti, oltre al colapasta e al rastrello, andrebbe subito a cercare pennello e pittura…
In realtà, si tratta di un’operazione volta a mantenere le coste del sedano bianche e tenere, proteggendole dal sole, che le farebbe diventare verdi. Per ottenere questo risultato, bisogna agire quando le piante sono alte 35-40 centimetri, il che, piantandole ora, dovrebbe avvenire circa all’inizio di agosto. Per prima cosa bisogna eliminare eventuali ricrescite sviluppatesi alla base delle piante; poi occorre legare le coste appena sotto le foglie, senza stringere troppo.
A questo punto si può cominciare a rincalzare, con la terra che sta ai lati della trincea. La prima rincalzatura sarà leggera; dopo tre settimane, bisognerà rincalzare con più terra, e dopo altre tre settimane la rincalzatura dovrà arrivare appena sotto le foglie.
Se non avete voglia di scavare la trincea e rincalzare le piante, esiste un’altra possibilità: la coltivazione del sedano in superficie, infatti, è possibile, ma richiede che le piante siano sistemate in gruppi stretti, a quadrato, in modo che l’ombra di ciascuna protegga le altre. In questo modo, resterebbero esposte alla luce solo le piante più esterne, i cui piccioli possono essere coperti con paglia per proteggerli.
In ogni caso, alla fine otterrete degli ottimi sedani a coste, da consumare in pinzimonio, cotti o anche frullati, magari insieme a mela o kiwi. Potrete così godere delle sue proprietà dietetiche, depurative e perfino anti-invecchiamento!
rigogliosi saluti!
Avete visto in giro Rosa Canina? Dovrebbe avere un colapasta in testa e un rastrello in mano… stamattina mi ha sentito parlare della coltivazione in trincea del sedano e temo che si sia fatta un’idea tutta sua della procedura da seguire.
In effetti, oggi ho intenzione di piantare il sedano - o meglio, di trapiantarlo, dato che l’ho seminato a febbraio nel semenzaio. Se non l’avessi fatto, comunque, potrei comprare le piantine in vivaio e piantarle ora.
Per preparare le trincee, ho scavato fino a una profondità di circa 30 centimetri, buttando la terra ai lati della fossa, che è risultata larga circa 50-60 centimetri. Sul fondo ho sparso letame molto maturo che ho ricoperto con parte della terra rimasta dallo scavo, fino ad avere una trincea profonda circa 15 centimetri rispetto al livello dell’orto. In questo modo, in posizione più bassa e ulteriormente protetta dal mucchietto di terra rimasto ai lati, la mia trincea offre protezione contro il vento e raccoglie l’acqua di cui le piantine avranno bisogno.Adesso è appunto il momento di mettere a dimora le piantine, magari con l’aiuto di un trapiantatoio. In ogni trincea sistemerò due file di piantine appaiate, con una distanza di 25-30 centimetri tra una piantina e l’altra, e poi innaffierò abbondantemente.
Da questo momento in poi, dovrò ricordarmi di bagnare quando il tempo è secco, e quest’estate svolgerò le operazioni necessarie per l’imbiancamento del sedano. Sono contento che Rosa Canina non sia qui, altrimenti, oltre al colapasta e al rastrello, andrebbe subito a cercare pennello e pittura…
In realtà, si tratta di un’operazione volta a mantenere le coste del sedano bianche e tenere, proteggendole dal sole, che le farebbe diventare verdi. Per ottenere questo risultato, bisogna agire quando le piante sono alte 35-40 centimetri, il che, piantandole ora, dovrebbe avvenire circa all’inizio di agosto. Per prima cosa bisogna eliminare eventuali ricrescite sviluppatesi alla base delle piante; poi occorre legare le coste appena sotto le foglie, senza stringere troppo.
A questo punto si può cominciare a rincalzare, con la terra che sta ai lati della trincea. La prima rincalzatura sarà leggera; dopo tre settimane, bisognerà rincalzare con più terra, e dopo altre tre settimane la rincalzatura dovrà arrivare appena sotto le foglie.
Se non avete voglia di scavare la trincea e rincalzare le piante, esiste un’altra possibilità: la coltivazione del sedano in superficie, infatti, è possibile, ma richiede che le piante siano sistemate in gruppi stretti, a quadrato, in modo che l’ombra di ciascuna protegga le altre. In questo modo, resterebbero esposte alla luce solo le piante più esterne, i cui piccioli possono essere coperti con paglia per proteggerli.
In ogni caso, alla fine otterrete degli ottimi sedani a coste, da consumare in pinzimonio, cotti o anche frullati, magari insieme a mela o kiwi. Potrete così godere delle sue proprietà dietetiche, depurative e perfino anti-invecchiamento!
Coltivare il kiwi
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
Se disponete dello spazio e dell’ambiente adatti, potete provare con una talea, oppure andare al vivaio e comprare una pianta pronta per essere messa a dimora. Basterà scegliere una zona con terreno ben drenato e fare una buca larga 40 centimetri, mettendo del concime sul fondo.
Un aspetto importante nella coltivazione del kiwi è l’irrigazione: come dicevo, il kiwi è più assetato di Rosa Canina dopo un chilo e mezzo di cioccolata, quindi occorre irrigarlo con poca acqua ma molto frequentemente, in modo da mantenere il terreno fresco. Anche la concimazione è importante, con prodotto a base di azoto ma anche di fosfato e potassio.
Bisogna anche eliminare le infestanti, eventualmente coprendo il terreno con plastica nera.
Crescendo, il kiwi avrà bisogno di un sostegno: si possono piantare dei pali, tra cui tendere fili orizzontali di ferro zincato a diverse altezze, oppure utilizzare un pergolato.
Un altro aspetto da tenere presente è la potatura. Le piante maschili vanno potate subito dopo la fioritura, per favorire l’emissione basale dei germogli per l’anno successivo; in inverno, basterà diradare i tralci in sovrannumero. Per quanto riguarda invece le femmine, che fruttificano, il primo anno la potatura dovrà essere molto leggera – sostanzialmente, ci sarà soltanto da guidare i rami sui supporti. Negli anni successivi, in inverno bisognerà accorciare o asportare i tralci che hanno fruttificato, e accorciare un po’ anche quelli “di sostituzione”, che fruttificheranno l’anno dopo. Anche il tralcio fondamentale (che diventa “cordone”) va accorciato, o addirittura asportato se si individua un altro migliore che può prendere il suo posto. In estate, invece, si può procedere alla cimatura dei germogli troppo vigorosi e non fruttiferi.
A seconda delle varietà, il kiwi fruttifica tra l’inizio di dicembre e la fine di gennaio. I frutti sono molto buoni e ricchi di vitamina C; spero non vi diano fastidio i suoi piccoli semi, altrimenti, se fate come Rosa Canina che cerca di toglierli a uno a uno, mangiare un kiwi potrebbe richiedervi parecchie ore…!
rigogliosi saluti!
Come vi anticipava Clematidia sabato scorso, l’argomento di oggi sarà la coltivazione del kiwi.
Ciò che rende delicata la coltivazione di questa pianta è il fatto che è molto sensibile sia al gelo che alla siccità. Ama climi miti e un elevato grado di umidità, con poca escursione termica, e non tollera bene l’eccessiva irradiazione solare. Richiede anche un certo spazio, perché bisogna piantarne almeno due: il maschio e la femmina. In generale, un albero maschio (che non produce frutti) è sufficiente per far fruttificare anche 4 o 5 femmine. Hanno bisogno però di stare a circa 5 metri di distanza l’una dall’altra.Se disponete dello spazio e dell’ambiente adatti, potete provare con una talea, oppure andare al vivaio e comprare una pianta pronta per essere messa a dimora. Basterà scegliere una zona con terreno ben drenato e fare una buca larga 40 centimetri, mettendo del concime sul fondo.
Un aspetto importante nella coltivazione del kiwi è l’irrigazione: come dicevo, il kiwi è più assetato di Rosa Canina dopo un chilo e mezzo di cioccolata, quindi occorre irrigarlo con poca acqua ma molto frequentemente, in modo da mantenere il terreno fresco. Anche la concimazione è importante, con prodotto a base di azoto ma anche di fosfato e potassio.
Bisogna anche eliminare le infestanti, eventualmente coprendo il terreno con plastica nera.
Crescendo, il kiwi avrà bisogno di un sostegno: si possono piantare dei pali, tra cui tendere fili orizzontali di ferro zincato a diverse altezze, oppure utilizzare un pergolato.
Un altro aspetto da tenere presente è la potatura. Le piante maschili vanno potate subito dopo la fioritura, per favorire l’emissione basale dei germogli per l’anno successivo; in inverno, basterà diradare i tralci in sovrannumero. Per quanto riguarda invece le femmine, che fruttificano, il primo anno la potatura dovrà essere molto leggera – sostanzialmente, ci sarà soltanto da guidare i rami sui supporti. Negli anni successivi, in inverno bisognerà accorciare o asportare i tralci che hanno fruttificato, e accorciare un po’ anche quelli “di sostituzione”, che fruttificheranno l’anno dopo. Anche il tralcio fondamentale (che diventa “cordone”) va accorciato, o addirittura asportato se si individua un altro migliore che può prendere il suo posto. In estate, invece, si può procedere alla cimatura dei germogli troppo vigorosi e non fruttiferi.
A seconda delle varietà, il kiwi fruttifica tra l’inizio di dicembre e la fine di gennaio. I frutti sono molto buoni e ricchi di vitamina C; spero non vi diano fastidio i suoi piccoli semi, altrimenti, se fate come Rosa Canina che cerca di toglierli a uno a uno, mangiare un kiwi potrebbe richiedervi parecchie ore…!
Piantare i pomodori
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
Ma stavo parlando della messa a dimora. Io ho fatto così: ho scelto un punto soleggiato, ho vangato il terreno e ho aggiunto del letame stagionato. Poi ho collocato ogni piantina nel terreno, facendo in modo che il suo pane di terra arrivasse 1,5 centimetri sotto il livello del terreno, che poi ho pressato bene intorno alla pianta. Ho organizzato le piantine in filari, mantenendo una distanza di 40 centimetri tra una piantina e l’altra e di 75 centimetri tra un filare e l’altro.
Se non avete scelto una varietà nana, bisognerà pensare al tutore. Si possono usare pali di bambù o di plastica, impiantandoli al piede di ogni pianta. A mano a mano che il fusto cresce, va legato al sostegno con rafia: io avvolgo i legacci due volte intorno al sostegno, poi faccio un giro molto lento intorno al fusto e fisso con un altro giro intorno al tutore.
I pomodori hanno bisogno d’acqua abbondante subito dopo la messa a dimora, e anche dopo se il clima è secco. In condizioni normali, invece, è meglio non esagerare, perché un’umidità eccessiva potrebbe causare la rottura dei frutti. Conviene togliere i getti laterali che crescono tra le impalcature delle foglie, usando un coltello affilato. Quando si sono formate quattro impalcature fruttifere, è il caso di tagliare la cima due foglie al di sopra dell’ultima impalcatura, in modo da evitare la formazione di altri fiori e aiutare invece la maturazione dei frutti.
Per raccogliere i pomodori maturi, è sufficiente trattenere il frutto nel palmo della mano e imprimere una leggera rotazione, in modo che si stacchi dalla pianta. A novembre, se ci sono ancora pomodori verdi, li raccolgo e li lascio maturare in casa, tenendoli su un davanzale esposto al sole. Devo stare attento, però: quando sono maturi, Rosa Canina ha la spiacevole abitudine di rubarli e lanciarli addosso al nostro povero postino…
rigogliosi saluti!
Avete già trapiantato i pomodori? Se non l’avete ancora fatto (magari per timore di qualche gelata tardiva), adesso è il momento!
Se avete fatto come me, avete seminato in serra ancora a febbraio e avete incominciato già dai primi di aprile il rinvigorimento delle piantine, per abituarle gradualmente all’ambiente esterno. Se non avete fatto come me… non c’è problema: acquistate le piantine da un vivaista, oppure – adesso che fa caldo – seminate direttamente all’aperto!Ma stavo parlando della messa a dimora. Io ho fatto così: ho scelto un punto soleggiato, ho vangato il terreno e ho aggiunto del letame stagionato. Poi ho collocato ogni piantina nel terreno, facendo in modo che il suo pane di terra arrivasse 1,5 centimetri sotto il livello del terreno, che poi ho pressato bene intorno alla pianta. Ho organizzato le piantine in filari, mantenendo una distanza di 40 centimetri tra una piantina e l’altra e di 75 centimetri tra un filare e l’altro.
Se non avete scelto una varietà nana, bisognerà pensare al tutore. Si possono usare pali di bambù o di plastica, impiantandoli al piede di ogni pianta. A mano a mano che il fusto cresce, va legato al sostegno con rafia: io avvolgo i legacci due volte intorno al sostegno, poi faccio un giro molto lento intorno al fusto e fisso con un altro giro intorno al tutore.
I pomodori hanno bisogno d’acqua abbondante subito dopo la messa a dimora, e anche dopo se il clima è secco. In condizioni normali, invece, è meglio non esagerare, perché un’umidità eccessiva potrebbe causare la rottura dei frutti. Conviene togliere i getti laterali che crescono tra le impalcature delle foglie, usando un coltello affilato. Quando si sono formate quattro impalcature fruttifere, è il caso di tagliare la cima due foglie al di sopra dell’ultima impalcatura, in modo da evitare la formazione di altri fiori e aiutare invece la maturazione dei frutti.
Per raccogliere i pomodori maturi, è sufficiente trattenere il frutto nel palmo della mano e imprimere una leggera rotazione, in modo che si stacchi dalla pianta. A novembre, se ci sono ancora pomodori verdi, li raccolgo e li lascio maturare in casa, tenendoli su un davanzale esposto al sole. Devo stare attento, però: quando sono maturi, Rosa Canina ha la spiacevole abitudine di rubarli e lanciarli addosso al nostro povero postino…
Piantare le patate
Cari Amici,
rigogliosi saluti!
Comunque, le patate tardive (a differenza di quelle precoci e semi-precoci) si mettono a dimora proprio in questo mese; così oggi andrò a prendere i tuberi che ho messo a germinare quattro settimane fa. Li ho sistemati in un germinatoio, con gli “occhi” rivolti verso l’alto, in un posto riparato dal freddo, ma non troppo caldo, non troppo umido e non troppo illuminato (eh sì, in fase di germinazione i tuberi hanno molte pretese!). A questo punto dovrebbero presentare dei germogli robusti, lunghi circa mezzo centimetro o un centimetro.
Tra poco uscirò e sceglierò un angolo dell’orto ben soleggiato, con un terreno leggero e con un buon drenaggio. Se ce ne fosse bisogno, potrei mescolarlo con del letame per arricchirlo.
Scaverò dei solchi profondi 10 centimetri e distanti l’uno dall’altro circa 70 centimetri. Dovrò sistemare i tuberi con i germogli rivolti verso l’alto, a una distanza di circa 30 centimetri l’uno dall’altro. Li ricoprirò di terra setacciata e la premerò leggermente; a questo punto, dovrò fermare Rosa Canina che, presa dalla smania di aiutare, sicuramente arriverà armata di innaffiatoio. Invece, in questa fase le patate non devono assolutamente essere innaffiate; anche dopo, basterà un’innaffiatura alla settimana al massimo.
Mentre le piante crescono, non dovrò fare altro che tenere sarchiato il terreno tra le file ed estirpare le infestanti. Quando le piante saranno alte 25 centimetri circa, invece, ci sarà un’operazione importante da svolgere: quella che Rosa Canina chiama “rimboccare le coperte alle patate”, e che invece si chiama, in modo più banale, “rincalzatura“. In pratica, dovrò creare dei colmi di terra alti circa 15 centimetri intorno alla base delle piante, per allarragare lo spessore che ricopre le radici e assicurarmi che i tuberi non siano esposti alla luce del sole, diventando così immangiabili.
Le patate dovrebbero essere pronte da raccogliere tra settembre e ottobre. Quando sarà il momento, bisogna estirpare le piante con una forca, stando attenti a non affondarla troppo vicino, a rischio di rovinare i tuberi. Bisogna agire a una distanza sufficiente a ribaltare la pianta intera, da cui poi si raccoglieranno tutti i tuberi, con attenzione, liberandoli dalla terra con le mani. Prima di essere messe via, in un locale asciutto e buio, in attesa di essere consumate, le patate appena raccolte vanno fatte asciugare bene, per evitare che marciscano.
E dopo, buon appetito!
rigogliosi saluti!
Che cosa avete in programma per questi giorni? Io conto di mettere a dimora le patate!
Il momento giusto per farlo, naturalmente, dipende dal tipo di patata che si è scelto di coltivare. Rosa Canina ha tentato più volte di convincermi a scegliere le patate fritte e le patate arrosto, ma alla fine ha accettato la mia decisione di piantare le patate tardive, anche se non sono del tutto sicuro che abbia capito le spiegazioni che le ho dato…Comunque, le patate tardive (a differenza di quelle precoci e semi-precoci) si mettono a dimora proprio in questo mese; così oggi andrò a prendere i tuberi che ho messo a germinare quattro settimane fa. Li ho sistemati in un germinatoio, con gli “occhi” rivolti verso l’alto, in un posto riparato dal freddo, ma non troppo caldo, non troppo umido e non troppo illuminato (eh sì, in fase di germinazione i tuberi hanno molte pretese!). A questo punto dovrebbero presentare dei germogli robusti, lunghi circa mezzo centimetro o un centimetro.
Tra poco uscirò e sceglierò un angolo dell’orto ben soleggiato, con un terreno leggero e con un buon drenaggio. Se ce ne fosse bisogno, potrei mescolarlo con del letame per arricchirlo.
Scaverò dei solchi profondi 10 centimetri e distanti l’uno dall’altro circa 70 centimetri. Dovrò sistemare i tuberi con i germogli rivolti verso l’alto, a una distanza di circa 30 centimetri l’uno dall’altro. Li ricoprirò di terra setacciata e la premerò leggermente; a questo punto, dovrò fermare Rosa Canina che, presa dalla smania di aiutare, sicuramente arriverà armata di innaffiatoio. Invece, in questa fase le patate non devono assolutamente essere innaffiate; anche dopo, basterà un’innaffiatura alla settimana al massimo.
Mentre le piante crescono, non dovrò fare altro che tenere sarchiato il terreno tra le file ed estirpare le infestanti. Quando le piante saranno alte 25 centimetri circa, invece, ci sarà un’operazione importante da svolgere: quella che Rosa Canina chiama “rimboccare le coperte alle patate”, e che invece si chiama, in modo più banale, “rincalzatura“. In pratica, dovrò creare dei colmi di terra alti circa 15 centimetri intorno alla base delle piante, per allarragare lo spessore che ricopre le radici e assicurarmi che i tuberi non siano esposti alla luce del sole, diventando così immangiabili.
Le patate dovrebbero essere pronte da raccogliere tra settembre e ottobre. Quando sarà il momento, bisogna estirpare le piante con una forca, stando attenti a non affondarla troppo vicino, a rischio di rovinare i tuberi. Bisogna agire a una distanza sufficiente a ribaltare la pianta intera, da cui poi si raccoglieranno tutti i tuberi, con attenzione, liberandoli dalla terra con le mani. Prima di essere messe via, in un locale asciutto e buio, in attesa di essere consumate, le patate appena raccolte vanno fatte asciugare bene, per evitare che marciscano.
E dopo, buon appetito!
Interrare i bulbi dei gigli
Ciao a tutti,
se incontrate il Dottor Belfusto che mi cerca, non ditegli che sono qui! Stiamo giocando a nascondino. Solo che lui non lo sa.
Insomma, oggi volevo parlare io, e allora “ho creato un diversivo”. (Questa frase l’ho sentita dire a Clematidia, e credo voglia dire combinare un disastro per poter combinare dopo un disastro più grosso).
prima prepara il terreno e toglie i sassi, poi mette i bulbi in terra, con la punta verso l’alto, a una profondità uguale a quella di due bulbi e mezzo, e a una distanza di tre bulbi l’uno dall’altro. Sotto a ogni bulbo, però, mette un po’ di ghiaietto e un po’ di terriccio, e poi li ricopre ancora di terriccio. Dice che il ghiaietto serve per evitare il ristagno idrico, ma non so bene cosa intenda: noi in giardino non abbiamo lo stagno!
Un altro momento divertente è quando sbocciano i fiori. Questo di solito succede in estate. Quando i fiori appassiscono, bisogna staccarli tutti, altrimenti la pianta si concentra a produrre i semi e non fa più fiori; invece togliendo i fiori vecchi la pianta si confonde e ne fa di nuovi. Prima o poi si accorgerà del trucco, penso, ma finora ha sempre funzionato!
Un’altra cosa che si può fare con i gigli è moltiplicarli. Per moltiplicarli bisogna dividerli. Lo so, suona strano, però Clematidia mi ha detto che ho proprio capito giusto. Ci sono altri modi per moltiplicare i bulbi, comunque: si possono usare i bulbilli o le squame.
I bulbilli sono dei piccoli bulbi che si formano sul fusto, all’ascella delle foglie. li stacca e li mette in vasi pieni di terriccio. Fa dei fori di 2 centimetri, distanti circa 3 centimetri l’uno dall’altro. In primavera si portano all’aperto, perché si sviluppino nei vasi. L’anno dopo saranno diventati abbastanza grandi da metterli in terra, come i bulbi normali.
Poi c’è la squamatura, che a me fa un po’ impressione, perché mi fa pensare ai pesci. Però in realtà non c’entra molto, perché le squame dei bulbi sono diverse da quelle dei pesci: sono più cicciotte. Il Dottor Belfusto prende i bulbi all’inizio dell’autunno, toglie le squame esterne, che di solito sono un po’ appassite, e arriva a quelle più belle. Ne stacca qualcuna e poi rimette a posto il bulbo.
Infila le squame nel terriccio per metà, con la base verso il basso, a 5 centimetri di distanza l’una dall’altra, e poi tiene la cassetta in un posto caldo; dopo 6 settimane dovrebbero formarsi dei bulbilli alla base. A quel punto porta la cassetta in un posto fresco e aspetta che spuntino i germogli: quando spuntano, mette ogni piantina in un vaso da circa 8-10 centimetri e poi fa una cosa buffa: pianta anche il vaso! La prima volta pensavo che si fosse confuso, invece no: fa così ogni volta, interra il vaso all’aperto e lo lascia lì. L’anno dopo, trapianta i nuovi bulbi direttamente in terra.
Ecco, ora ve l’ho raccontato e torno a nascondermi. Mi raccomando, se passa qualcuno… io non sono mai stato qui!
se incontrate il Dottor Belfusto che mi cerca, non ditegli che sono qui! Stiamo giocando a nascondino. Solo che lui non lo sa.
Insomma, oggi volevo parlare io, e allora “ho creato un diversivo”. (Questa frase l’ho sentita dire a Clematidia, e credo voglia dire combinare un disastro per poter combinare dopo un disastro più grosso).
Comunque, io non voglio combinare un disastro: voglio solo raccontarvi che ieri abbiamo comprato i bulbi dei gigli da interrare!
Non vedo l’ora: mi diverto sempre molto quando piantiamo i bulbi. “Sto per interrare i bulbi, crea un diversivo per Rosa Canina”. Non ho ben capito perché si debba combinare un disastro mentre si interrano i bulbi… forse tutto considerato non l’ho capita tanto bene, quella frase.prima prepara il terreno e toglie i sassi, poi mette i bulbi in terra, con la punta verso l’alto, a una profondità uguale a quella di due bulbi e mezzo, e a una distanza di tre bulbi l’uno dall’altro. Sotto a ogni bulbo, però, mette un po’ di ghiaietto e un po’ di terriccio, e poi li ricopre ancora di terriccio. Dice che il ghiaietto serve per evitare il ristagno idrico, ma non so bene cosa intenda: noi in giardino non abbiamo lo stagno!
Un altro momento divertente è quando sbocciano i fiori. Questo di solito succede in estate. Quando i fiori appassiscono, bisogna staccarli tutti, altrimenti la pianta si concentra a produrre i semi e non fa più fiori; invece togliendo i fiori vecchi la pianta si confonde e ne fa di nuovi. Prima o poi si accorgerà del trucco, penso, ma finora ha sempre funzionato!
Un’altra cosa che si può fare con i gigli è moltiplicarli. Per moltiplicarli bisogna dividerli. Lo so, suona strano, però Clematidia mi ha detto che ho proprio capito giusto. Ci sono altri modi per moltiplicare i bulbi, comunque: si possono usare i bulbilli o le squame.
I bulbilli sono dei piccoli bulbi che si formano sul fusto, all’ascella delle foglie. li stacca e li mette in vasi pieni di terriccio. Fa dei fori di 2 centimetri, distanti circa 3 centimetri l’uno dall’altro. In primavera si portano all’aperto, perché si sviluppino nei vasi. L’anno dopo saranno diventati abbastanza grandi da metterli in terra, come i bulbi normali.
Poi c’è la squamatura, che a me fa un po’ impressione, perché mi fa pensare ai pesci. Però in realtà non c’entra molto, perché le squame dei bulbi sono diverse da quelle dei pesci: sono più cicciotte. Il Dottor Belfusto prende i bulbi all’inizio dell’autunno, toglie le squame esterne, che di solito sono un po’ appassite, e arriva a quelle più belle. Ne stacca qualcuna e poi rimette a posto il bulbo.
Infila le squame nel terriccio per metà, con la base verso il basso, a 5 centimetri di distanza l’una dall’altra, e poi tiene la cassetta in un posto caldo; dopo 6 settimane dovrebbero formarsi dei bulbilli alla base. A quel punto porta la cassetta in un posto fresco e aspetta che spuntino i germogli: quando spuntano, mette ogni piantina in un vaso da circa 8-10 centimetri e poi fa una cosa buffa: pianta anche il vaso! La prima volta pensavo che si fosse confuso, invece no: fa così ogni volta, interra il vaso all’aperto e lo lascia lì. L’anno dopo, trapianta i nuovi bulbi direttamente in terra.
Ecco, ora ve l’ho raccontato e torno a nascondermi. Mi raccomando, se passa qualcuno… io non sono mai stato qui!
Coltivare la Gloriosa
“Ho visto delle fotografie della Gloriosa e me ne sono innamorata. Secondo te posso riuscire a farne crescere una?“
certo che riuscirai! Non è per niente difficile. Se pianti ora il tubero, vedrai i suoi splendidi fiori tra giugno e settembre. Capisco che tu te ne sia innamorata: con il colore acceso dei suoi fiori, rossi o arancioni, le sue foglie lucide, i suoi tralci rampicanti e la sua forma particolare, la Gloriosa è veramente splendida. Sembra di avere un angolo esotico e selvaggio in giardino: se n’è accorta anche Rosa Canina, che ogni estate gioca a fare Tarzan nella giungla… non puoi immaginare la fatica che mi è costato convincerla a smetterla, o almeno a non aggrapparsi ai tralci come se fossero liane!Piantare i suoi tuberi, di forma cilindrica, è molto facile: ogni tubero va sistemato a una profondità pari al doppio della sua altezza e, contrariamente alla maggior parte degli organi sotterranei, puoi sistemarlo anche in orizzontale: il germoglio si orienterà comunque verso l’alto. Puoi farlo in un vaso di 16 centimetri di diametro, oppure in una zona del giardino con terreno morbido e drenante. Ricorda però che, se lo pianti all’aperto, devi essere sicura che non ci sia più rischio di gelate.
La Gloriosa, essendo rampicante, ha bisogno di sostegni a cui aggrapparsi. Le piacciono un’ombra leggera e un’umidità costante: il germoglio non deve mai restare asciutto, la pianta adulta richiede un’innaffiatura ogni due giorni se è in vaso e ogni settimana se è in piena terra.
Con l’autunno, si taglia la vegetazione appassita e si mette il vaso al riparo, senza più bagnarlo. Se il tubero è in terra, si può estirparlo e tenerlo in una cassetta coperta di torba, al buio, fino alla primavera seguente.
Buon divertimento, e… quest’estate aspettiamo la fotografia della tua Gloriosa!
Piantare la Campsis
“Ho visto dei fiori arancioni bellissimi, a forma di trombetta, su un rampicante. Che pianta è? Posso coltivarla nel mio giardino?“
certo che puoi. Si tratta della Campsis, che ti regalerà un angolo coloratissimo arrampicandosi su un muro, uno steccato o una pergola.In primo luogo, dovrai scegliere tra la Campsis Radicans, che ha fiori più piccoli e tollera meglio il freddo, e la Campsis Grandiflora, che, come dice il nome stesso, fa dei fiori di dimensioni maggiori e d’inverno deve essere protetta dal freddo, sistemando dei teli di plastica per tutelare gli apici degli steli più delicati.
Una volta che avrai scelto, devi trapiantare la tua Campsis. Puoi farlo anche subito: il periodo ideale è tra novembre e marzo.
Scegli un punto ben soleggiato, vicino a una struttura su cui la pianta possa arrampicarsi. Scava poi una buca profonda, spargi ghiaia e letame maturo sul fondo e poi sistema la pianta con il colletto a livello del terreno; a questo punto riempi il resto della buca con del buon terriccio. Bagna bene le radici (dovrai stare attento a farlo anche nei periodi di siccità, soprattutto se la pianta è vicino a un muro).
Non avrai bisogno di potarla se non quando avrà occupato tutto lo spazio che le hai destinato. Spargi invece del buono stallatico in primavera… e, con l’arrivo dell’estate, goditi i colori del tuo pergolato!
Piantare un acero
“Adoro gli aceri e ne vorrei uno. Quando si piantano?“
- Verifica che il terreno non sia troppo gelato o troppo bagnato.
- Scava una buca un po’ più grande della zolla dell’albero che hai acquistato. Puoi utilizzare un picchetto, che pianterai al centro e a cui legherai una corda. All’altra estremità metterai un ferro tagliente. In questo modo potrai tagliare il manto erboso creando il perimetro della buca.
- Una volta scavata la buca, disponi uno strato di buona argilla espansa, che eviterà un eccessivo ristagno d’acqua. Gli aceri non amano il ristagno!
- Sopra all’argilla, disponi 10-15 centimetri di una miscela di terriccio, letame ed eventualmente le zolle erbose che hai asportato, sminuzzate e sistemate con l’erba rivolta verso il basso. Poi pressa bene con i piedi.
- Ora è il momento di mettere l’acero nella buca. Tenendolo in posizione, riempi il resto della buca con il terreno, comprimendo bene. L’ultimo strato deve essere composto ancora di fertilizzante e terriccio.
- Stai attento a due cose: che la terra arrivi al livello del colletto, cioè il punto dove le radici si dipartono dal tronco, e che l’albero sia ben saldo. Ricorda che gli alberi trapiantati da poco hanno bisogno di più annaffiature di quelli che sono stati messi a dimora anni prima.
Nessun commento:
Posta un commento